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LE PRATICHE AGONISTICHE NELL'ANTICHITA'

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Prima di scoprire le origini dei giochi atletici dell'antica Grecia è opportuno premettere che la pratica agonistica era diffusa sin da epoche remote in molti paesi dell'Oriente e nella quasi totalità delle civiltà fiorite nel bacino del Mediterraneo. Anche se le nostre conoscenze sono in parte basate su fonti letterarie non sempre attendibili, molti riscontri archeologici testimoniano senza incertezze che alcune discipline, come la lotta, il pugilato, le gare ippiche, la corsa, erano esercitate dalle antichissime popolazioni dell'Egitto, della Mesopotamia, di Creta e di altre isole dell'Egeo. Queste attività, pur traendo origine da esigenze di vita quotidiana, avevano assunto anche finalità ludiche.

Chiare tracce di tali usanze compaiono in Mesopotamia. In questa regione, ad Ashumak, nei pressi di Baghdad, reperti archeologici risalenti al 3° millennio a.C. testimoniano l'esistenza di pratiche atletiche in epoca remota. Si tratta di raffigurazioni su tavolette di terracotta, ove compaiono effigiati due pugili che si affrontano piede contro piede. L'atteggiamento è di difesa e di attacco, simile allo stile dei pugilatori dei primi dell'Ottocento.

Esperienze di carattere agonistico vengono attribuite anche agli ittiti, popolazione indoeuropea stanziata nella regione centrosettentrionale della penisola anatolica dell'Asia Minore nel 3° millennio. Ottimi cavalieri, gli ittiti furono i primi a utilizzare i carri non solo per combattere, ma anche a scopo agonistico. In alcuni testi scoperti nel 1907 a Bogazkoy (Turchia), scritti in carattere cuneiforme, si fa riferimento a gare equestri nelle quali il vincitore riceveva come riconoscimento l'onore di essere nominato auriga del carro reale.

Ulteriori conferme sulla diffusione di pratiche atletiche in epoche remote al di fuori dei confini della Grecia provengono dall'Egitto. Corsa, lotta, voga, pugilato, scherma con il bastone, sollevamento pesi, gare equestri erano le discipline più praticate. Le testimonianze più interessanti sono quelle rinvenute nella necropoli di Saqqara e nelle mastaba di Beni Hassan. Nella tomba di Ptahotep, ministro del faraone Isesi, della V dinastia, vissuto intorno al 2675 a.C., sono rappresentate 15 coppie di lottatori. Anche nel sepolcro di Ti, alto dignitario della V dinastia vissuto intorno al 2500 a.C., compaiono raffigurazioni di varie fasi di un incontro di lotta, con 400 figure di lottatori che effettuano una serie di prese degne della migliore tecnica moderna. Sempre a Saqqara, in un rilievo in calcare, è documentata la corsa rituale di Zoser, faraone della III dinastia; in un'altra pittografia compaiono movimenti di ginnastica a corpo libero. Oltre alle scene di lotta e pugilato, molto frequenti sono le immagini di atleti impegnati a battersi in una specie di scherma con il bastone: i contendenti sono rappresentati men- tre impugnano, con la mano destra, l'arma infilata in un'elsa di cuoio e si difendono dai colpi con il braccio sinistro alzato, protetto da un'asticella di legno. Un'altra attività esercitata dagli egizi, era la voga, molto praticata poiché il Nilo era considerato una sorgente di vita e coloro che regavano sul fiume, nell'immaginario popolare, ricevevano benefici e divini influssi. Raffigurazioni di vogatori provenienti dal tempio di Hatscepsut sono ora conservate nel Museo di arte egizia di Berlino. In Egitto erano anche diffusi giochi ricreativi e popolari (la corsa con il cerchio spinto da un bastone, il tiro con la fune, i giochi con la palla), di cui Erodoto e Strabone ci hanno trasmesso abbondanti descrizioni, sottolineando l'importanza attribuita dagli egizi alla pratica atletica per temprare non solo il fisico, ma anche il carattere dei giovani.

Vari ritrovamenti archeologici testimoniano l'esistenza di pratiche agonistiche anche a Creta, la grande isola del Mediterraneo orientale culla della civiltà minoica. All'epoca della fondazione di Cnosso, intorno al 3° millennio, risale la taurokathapsìa, gioco e rito religioso che consisteva in una sorta di caccia al toro con lo scopo finale di legare l'animale: l'inseguimento avveniva a cavallo, poi ci si portava sulla groppa e sulla testa del toro e si effettuavano acrobatici volteggi prima di immobilizzarlo. Questi esercizi furono riprodotti spesso nell'arte cretese. Così in un affresco rinvenuto a Cnosso è rappresentata una ragazza nell'atto di essere sbalzata a terra da un toro, mentre un giovane compie delle giravolte sul dorso dell'animale; in un vaso venuto alla luce ad Haghia Triada sono dipinte quattro scene di esercizi atletici: nella prima vi sono raffigurazioni di taurokathapsìa, nelle altre tre incontri di pugilato e di lotta. Sempre ad Haghia Triada è stato rinvenuto un vaso di steatite, risalente al 17° sec. a.C., ove appaiono dipinti due pugili in posizione di 'guardia', con i pugni avvolti in strisce di cuoio. Questo particolare accorgimento, usato per proteggere le mani e per recare maggiore offesa all'avversario, diede origine agli speciali guanti adottati nove secoli dopo durante gli incontri di pugilato dei giochi panellenici. A Cnosso appaiono, infine, raffigurati su un sarcofago, pugili in processione.

Ulteriori testimonianze su attività agonistiche in epoche riferite alla prima civiltà greca provengono da Micene e Tirinto, città dell'Argolide. Vestigia architettoniche e reperti artistici, risalenti al 15° sec. a.C., evidenziano che a Micene si praticavano le consuete discipline da combattimento, unitamente ad attività allora meno diffuse, quali la corsa e il sollevamento pesi; un affresco rinvenuto a Tirinto raffigura un'esibizione di taurokathapsìa, con un giovane che afferra un toro per le corna e si accinge a saltarlo acrobaticamente. È interessante rilevare che, spesso, assisteva alle gare un folto pubblico di appassionati, come dimostrano per es. il bassorilievo di un sarcofago egizio della XX dinastia, su cui è scolpito un gruppo di spettatori che assistono a una gara di lotta, o la scultura di un artista cretese che, mediante l'immagine simbolica di una serie di archetti accostati uno all'altro, raffigura la folla presente a un incontro di lotta.

Indubbiamente, molti secoli prima dell'inizio dei giochi dell'antica Grecia, esisteva già un'attività agonistica, che, sia pure non regolamentata e a carattere episodico, era diffusamente praticata. Tuttavia, nessun popolo dell'antichità ha coltivato l'ideale atletico così profondamente come la Grecia. È qui che l'agonismo nacque in stretta connessione con la religione e i suoi riti, per poi svilupparsi anche in rapporto alle esigenze dell'addestramento militare. Ogni cittadino aveva il dovere di formarsi per difendere la propria patria e, tenuto conto della tattica con la quale i soldati si scontravano sui campi di battaglia, era evidente che l'esito dei conflitti dipendeva dalle qualità fisiche, dalla prestanza e dall'addestramento dei cittadini-soldati. Le corse erano praticate per potenziare le doti di velocità e resistenza; il salto per valorizzare l'agilità; i lanci del disco e del giavellotto per irrobustire i muscoli; l'oplitodromia esercitava a muoversi sui campi di battaglia agevolmente, malgrado l'impaccio dell'armatura; la lotta, il pugilato e il pancrazio addestravano ai combattimenti e agli scontri corpo a corpo.

Fatte queste premesse, è parere unanime che vada riconosciuto ai Greci dell'età preclassica il merito di aver istituito, per primi, giochi atletici con una cadenza periodica, caratterizzati da grande solennità e da complessi aspetti cerimoniali, tecnici e organizzativi.

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